Antonio Grillo Trio, DOVE sono le nostre radici

Antonio Grillo Trio, DOVE sono le nostre radici

Preceduto dal singolo e dal videoclip “Pinocchio’s Blues” pubblicato il 1° settembre scorso, è ora disponibile in tutti i negozi e gli store digitali DOVE, primo album del trio formato dal chitarrista Antonio Grillo, dal contrabbassista Tommaso Pugliese e dal batterista Francesco Scopelliti. Al trio di musicisti calabresi si aggiunge in metà delle tracce il fuoriclasse della tromba Giovanni Amato. L’album è ulteriormente impreziosito dalla partecipazione della cantante Simona Daniele, protagonista (anche in veste di autrice del testo) del bonus track “While you go away”. Comunic’arti ha incontrato il trio a pochi giorni dalla pubblicazione di questo primo lavoro intriso di passione e voglia di confrontarsi con capiscuola come il trombettista salernitano loro ospite.

Potete raccontarci un po’ del processo creativo dietro l’album DOVE? Quali sono state le vostre principali fonti di ispirazione?

Antonio

È un processo che è in atto dal 2017, anno in cui si è formato questo trio con l’intento di immergersi in un lavoro alla cui base ci fosse lo studio, la ricerca personale ed originale del linguaggio jazzistico e dei contenuti stilistici che più lo rappresentano. Le nostre principali fonti di ispirazione sono alcune formazioni in trio di Jim Hall, Bill Evans, Joe Pass, Keith Jarrett, Colombo Menniti, altro riferimento importante è Thelonius Monk e poi ci sono altri musicisti come Wes Montgomery.

Come avete scelto il nome DOVE per il tuo nuovo album? C’è un significato particolare dietro questa scelta?

Antonio

Fra tutti i brani originali inseriti nell’album “DOVE” è quello più significativo. “Dove” per indicare il luogo in cui nasce tutto, ogni pensiero, gesto e/o azione; quel luogo che abbiamo dentro, nel profondo dell’anima, dove si annidano i pensieri che si mescolano e si combinano fra il passato, il presente ed il futuro; ma “DOVE” può indicare anche un luogo fisico, un bosco ad esempio. Volutamente il nome di questo album ha un significato ambivalente, infatti, se lo si pensa come termine anglosassone, rappresenta la colomba, simbolo di pace, che oggi nel mondo purtroppo manca. Allora la scelta di questo titolo vuole essere anche uno spunto riflessivo e provocatorio, per alcuni aspetti, sulla condizione sociale di oggi che l’uomo vive interiormente ed esteriormente, ma anche un messaggio di speranza per la pace.

Antonio, potresti parlarci dei musicisti che hanno collaborato con te? Com’è stato lavorare con Francesco Scopelliti alla batteria e Tommaso Pugliese al contrabbasso?

Con Francesco c’è un’amicizia che è iniziata nel periodo adolescenziale, abbiamo frequentato le scuole medie insieme e siamo stati anche compagni di banco, suoniamo insieme da quando eravamo pressapoco dodicenni, nel tempo abbiamo maturato affinità e passioni verso alcuni generi musicali, finché poi ci siamo accostati e innamorati del Jazz. Francesco alla batteria è una garanzia e suonare con lui è un grande privilegio, come anche con Tommaso, che ho conosciuto dopo, lui è il più giovane, ma è un grande talento e l’intesa è scattata subito. Con entrambi c’è un rapporto di stima reciproca, umana e professionale.

Giovanni Amato.
Ph. MJW

Giovanni Amato è un trombettista di grande fama, com’è nata la collaborazione con lui per questo album? Qual’è stato il vostro rapporto artistico durante il processo di registrazione?

Francesco

Volevamo che lo strumento in più di questo progetto in trio fosse una tromba e Giovanni è stata la ciliegina sulla torta. Avevamo alcuni nomi in mente, ma la scelta dell’ospite è ricaduta indubbiamente su di lui, anche perché per noi è un grande riferimento nel panorama del jazz italiano ed internazionale. È stato proprio Tommaso a contattarlo e lui ha accettato subito il nostro invito. Per noi è stato un grande onore. Avevo incontrato Giovanni in qualche Jam Session, ma suonarci per la prima volta insieme direttamente in uno studio di registrazione è stata una grande emozione. Alla partenza della registrazione del primo brano, stavamo con le orecchie tese cercando di capire cosa stesse per accadere, ognuno nella propria stanza, qualche cenno dai vetri, le cuffie a tenerci connessi l’uno con l’altro, immersi in una profonda concentrazione eravamo molto emozionati abbiamo avvertito delle sensazioni mai provate, finché poi Gaetano, il tecnico di sala, ha avviato il tasto Rec, siamo partiti come un treno.

La sessione di registrazione con Giovanni è stata fantastica, in media abbiamo registrato non più di due takes per ogni brano in circa due mezze giornate.

L’album include un brano con Simona Daniele. Com’è nata questa collaborazione e perché la scelta di includere la voce di Simona in quel brano specifico?

Antonio

Simona ci è stata presentata da un nostro amico che l’aveva conosciuta durante una festa estiva a Mileto, il mio paese. Lei, come noi di origini calabresi, ha una voce e un carisma che ci ha subito colpiti. Avevo scritto un brano qualche anno fa’, “While you go away”, che volevo inserire nel disco e le ho chiesto di scrivere un testo sulla base di alcune indicazioni tematiche che hanno ispirato la composizione del brano, lei l’ ha fatto magistralmente. La sua voce è proprio quella che avrei voluto ascoltare cantare questo brano.

Simona Daniele

Quali sono i temi o concetti esplorativi in “DOVE”? C’è un messaggio o un’emozione che avete cercato di trasmettere attraverso la musica?

Tommaso

A noi piace molto esplorare nuove emozioni e ci auguriamo che DOVE le trasmetti a pieno agli ascoltatori. Il tema cardine è l’attaccamento alle radici, non si può fare nessuna cosa senza tenere conto di ciò che è stato, i nostri avi sono i primi maestri. I più grandi musicisti di jazz del passato che abbiamo sempre ascoltato e studiato sono il nostro riferimento, poi in ordine temporale c’è il resto. Ecco perché abbiamo sposato l’idea proposta dalla Jazzy Records e dal fotografo Paolo Galletta di andare a fare il servizio video fotografico per il nostro album in un bosco. Il videoclip di Pinocchio’s Blues è proprio l’emblema della nostra musica: ricerca, introspezione e un pizzico di follia… soprattutto nel nostro modo di essere, semplice, spontaneo e non impostato. In effetti oggi questa assenza di costruzione da molti viene interpretata come un atteggiamento fuori dagli schemi. Gli alberi e le loro radici poi, ci rappresentano simbolicamente, nella vita ma anche nella musica noi sentiamo un legame indissolubile con il passato che non dovrebbe essere mai perso.

Come descrivereste lo stile musicale dell’album? Ci sono influenze o riferimenti particolari che avete voluto incorporare nel sound?

Antonio

Riteniamo che lo stile di questo album sia molto orientato al Jazz tradizionale, ma nel legame con la tradizione credo si avvertono anche le nostre contaminazioni con il Jazz contemporaneo, insomma…  è un po’ la nostra musica. Questo è ciò che vogliamo trasmettere al nostro pubblico. Le influenze sono diverse, chitarristicamente ci sono Charlie Christian, Jim Hall, Joe Pass, Wes Montgomery, Django Rheinardt e Colombo Menniti, ma ce ne sono molte altre, e non arrivano solo da chitarristi. Sicuramente in alcuni brani abbiamo ricercato quel suono o comunque quelle timbriche sonore, che a me piacciono molto, del trio di Jim Hall con la tromba o il flicorno di Tom Harrell.

Da sinistra a destra: Tommaso Pugliese, Antonio Rocco Grillo, Francesco Scopelliti.
Ph. Paolo Galletta

L’album presenta una combinazione di brani originali e alcune reinterpretazione di brani di classici Jazz. Com’è stato selezionato il repertorio?

Antonio

Abbiamo pensato di includere oltre ai cinque brani originali, di cui uno riproposto come “bonus track” con la voce, alcuni standard classici, riarrangiati da noi. Però la scelta è stata determinata da alcuni aspetti che ci teniamo vengano espressi. Ad esempio l’intro del brano ” The days of wine and roses” è un omaggio a Wes Montgomery” ; “Alone Togheter” è un brano a cui ci sentiamo particolarmente legati e che abbiamo voluto un po’ stravolgere, iniziando con una sorta di contrappunto, ispirandoci a Bach, cambiando il tempo del “bridge” in 4/4; Song-Song è invece un brano dall’essenza Beeatlesiniana.

Quali sono state le sfide più grandi affrontate durante la creazione di “DOVE”? E quali le soddisfazioni ottenute fino ad ora con il progetto?

Antonio

Le sfide più grandi sono state la lotta contro il tempo che non era mai abbastanza per la preparazione di questo disco e poi trovare anche il periodo più tranquillo per registrare per noi non è stato così facile; anche la scelta dei brani più appropriata per le nostre esigenze è stata una sfida difficile. Le soddisfazioni più grandi è che abbiamo fatto un album con Giovanni Amato ed un album di cui andiamo molto fieri.

C’è una traccia o un momento specifico nell’album che vi emoziona particolarmente o di cui siete particolarmente orgogliosi? Perché?

Francesco

Sono diversi i momenti che ci rendono orgogliosi in questo album, ma in “While you go away”, che è un brano che ci emoziona particolarmente sia nella versione cantata straordinariamente da Simona che in quella strumentale con Giovanni e il suo flicorno magico.

Anche nel brano song song abbiamo avvertito delle straordinarie emozioni.

Com’è stata l’esperienza di lavoro con Jazzy Records?

Tommaso

Jazzy Records è per noi l’etichetta perfetta, quella che mantiene lo stile di edizione e l’attenzione all’immagine che cercavamo. È stata un’esperienza di lavoro all’insegna della competenza, della professionalità e delle attenzioni che il team ci ha dedicato, a beneficio della nostra immagine e della promozione del disco.

Infine quali sono i vostri piani futuri rispetto alla musica e alla promozione di questo album?

Antonio

Abbiamo intenzione di promuovere questo album con un tour che partirà sicuramente da settembre. Inizieremo quindi la promozione con la stagione autunnale e poi a seguire nei mesi successivi. Ci auguriamo che il nostro progetto piaccia, di fare tanti ascolti e naturalmente di fare tanti concerti!

Dove – Antonio Grillo Trio, feat. Giovanni Amato

Edizioni ©Jazzy Records

Antonio Rocco Grillo, chitarra

Tommaso Pugliese, contrabbasso

Francesco Scopelliti, batteria
Giovanni Amato, tromba e flicorno
Simona Daniele, voce

Giovanna Magro canta la speranza nel futuro dando voce e parole ai grandi autori del Jazz contemporaneo

Giovanna Magro canta la speranza nel futuro dando voce e parole ai grandi autori del Jazz contemporaneo

E dopo un singolo di grande intensità come Where di I Start?, ecco arrivare per la cantante siracusana  Giovanna Magro il momento di presentare Composit. Al suo fianco una formazione che offre un fermo immagine dell’eccellenza del Jazz siciliano di oggi, quello dei “senior” e quello delle nuove leve: il pianista e compositore Giovanni Mazzarino, Alberto Fidone al contrabbasso e Peppe Tringali alla batteria, più il giovane e talentuoso chitarrista Carlo Alberto Proto.

Giovanna Magro
Ph. Paolo Galletta

Originaria di Lentini, un paese dell’entroterra isolano a metà strada fra Siracusa e Catania, Giovanna Magro incomincia il suo viaggio nella musica a soli 14 anni. Laureata con lode in “Canto Jazz” presso il Conservatorio “A. Corelli” di Messina e già attiva da molti anni sulla scena Jazz in Italia e all’estero, approda con un buon bagaglio di premi vinti in importanti concorsi e di esperienza a questo primo lavoro realizzato in collaborazione con il suo maestro Giovanni Mazzarino, musicista che ha sempre coltivato e promosso il talento di tanti giovani musicisti, oggi affermati professionisti.

Così come il composit è lo strumento utilizzato per raccogliere gli scatti più rappresentativi di un fotografo o di un modello, una sorta di biglietto da visita che mette in luce elementi o talenti particolari dell’artista, “Composit” è un’antologia di autori contemporanei (da Tom Harrell a Enrico Pieranunzi, da Steve Swallow allo stesso Giovanni Mazzarino),  arricchiti da testi originali scritti dalla Magro e rifiniti da Giovanni Mazzarino con  arrangiamenti ricercati, eleganti e dall’appeal contemporaneo che vestono la musica di una coerenza stilistica e di una varietà ritmica e coloristica sorprendente, orchestrata su misura per valorizzare l’espressività della leader. I testi sono concepiti come brevi capitoli di un unico racconto, ispirati alla storia di una giovane donna che si lascia alle spalle una vita difficile, ma certa, per esporsi al rischio della ricerca e dell’ignoto con l’obiettivo un futuro migliore. I temi della speranza, della paura, della libertà e del coraggio coraggio trasmettono un messaggio avvincente e universale di cui il Jazz è da sempre portavoce e che colgono l’essenza stessa della vita, ossia un percorso di scelte: desiderate, immaginate, fatte o molto spesso rimandate. In questa narrazione ritroviamo anche il vissuto dell’autrice, che racconta: “Ero fortemente attratta dall’idea era di raccontare una storia unica per tutto l’album, che si sviluppasse, brano dopo brano.

L’idea nasce dalla  composizione del Maestro Mazzarino “Shadows” (ribattezzata Shades per l’occasione) che mi ha spinto ad immaginare la storia di una giovane donna che lascia tutto, la sua terra e i suoi cari, per cercare un avvenire migliore in America.  Ho tratto ispirazione dunque dal fenomeno dell’emigrazione siciliana che dalla fine dell’800 ha visto masse di milioni di meridionali attraversare l’oceano sfidando la sorte. Inoltre, ho vissuto parecchi mesi in Spagna e anche io, come la protagonista del disco, ho accarezzato svariate volte l’idea di lasciare tutto e iniziare una nuova vita lì”.

In otto tracce è delineato un percorso musicale studiato nei minimi dettagli che dichiara la personalità della Magro, artista dalla voce melodiosa e sicura, abile tanto nel lanciarsi in virtuosi vocalese, come ad esempio in Nightbird di E. Pieranunzi, quanto nell’assecondare senza barriere l’emozione di un tema-capolavoro qual è Beatriz di Edu Lobo. In Composit emerge forte il legame tra composizione e interpretazione: la musica e la parola si fondono, grazie a testi capaci di catturare l’essenza di ogni brano e diventare tutt’uno con la melodia, che negli arrangiamenti di Mazzarino è un elemento sempre al centro della scena, fra ricerca delle nota più efficace a dare luce a un accordo (e viceversa) e “ossessione” per l’incastro perfetto, quello e funzionale a fare dialogare meglio tutte le voci dell’ensamble. L’esperienza e il gusto raffinato della sezione ritmica composta da Alberto Fidone e Peppe Tringali concorrono a dare solidità e passione al sound complessivo, nel quale si inserisce la chitarra dagli echi  quasi rock del giovane Carlo Alberto Proto, musicista dalle grandi abilità tecniche e di spiccata sensibilità melodica, per il quale Mazzarino ha scritto alcune parti all’unisono con la voce di Giovanna Magro, forse fra le più caratterizzanti dell’intero lavoro.

L’album è stato registrato a Scordia (CT) da Vincenzo Cavalli nel suo Sonoria studio. Nessuna deroga insomma alla “sicilianità” dell’album, i cui lavori sono stati documentati in foto e video da un grande artista come il messinese Paolo Galletta. Composit è già disponibile nei negozi di dischi e sulle piattaforme digitali, un ascolto di qualità per un inizio d’autunno all’insegna della musica d’autore.

Ph. Paolo Galletta

Giovanna Magro

Giovanna Magro, classe 1994, è una talentuosa cantante e autrice originaria di Lentini (Siracusa). Laureata con lode in “Canto Jazz” presso il Conservatorio “A. Corelli” di Messina. Ha collaborato con diverse formazioni musicali legate al Conservatorio, esibendosi in importanti rassegne e festival musicali.

Nel 2013 ha partecipato al concorso “Sanremo Doc” durante il 64° Festival della canzone italiana e vincendo il premio per la “migliore tecnica vocale”.

Dal 2017 collabora con il chitarrista Carlo Alberto Proto, portando la loro musica su palcoscenici internazionali di prestigio quali: “Etna Jazz Club” (Biancavilla, Italia), “Teatro Antico” (Taormina, Italia), “Real Teatro Santa Cecilia”, Sicilia Jazz Festival (Palermo, Italia), Fundación ClasiJazz (Almería, Spagna), “Clarence Jazz Club” (Torremolinos, Spagna), “Gallo Rojo”(Siviglia, Spagna).

Dal 2021 ha iniziato a frequentare la scena Jazz spagnola, collaborando con rinomati musicisti e partecipando a importanti progetti orchestrali.

Ha ottenuto riconoscimenti come il 1° posto come “Miglior Solista Vocale” al “Festival Internazionale di Jazz Johnny Raducanu” in Romania e il 2° posto al “Concorso Nazionale Chicco Bettinardi” in Italia.“Composit” è il suo primo lavoro discografico, realizzato per Jazzy Records in collaborazione con il suo maestro e mentore Giovanni Mazzarino.

©2023 Jazzy Records

Composit

Giovanna Magro: voce, testi

Giovanni Mazzarino: pianoforte, composizione, arrangiamento

Carlo Alberto Proto: chitarra elettrica

Alberto Fidone: contrabbasso

Peppe Tringali: batteria

  1. Where do I start? (G. Mazzarino, G. Magro)
  2. Arborway (R. Pantoja)
  3. Nightbird (E. Pieranunzi)
  4. Glass mystery (T. Harrel)
  5. Shades (G. Mazzarino, G. Magro)
  6. Beatriz (E. Lobo, C. Buarque)
  7. Remember (S. Swallow)
  8. Bolivia (C. Walton)

Esce il singolo “Pinocchio’s blues” di Antonio Grillo Trio con un videoclip tra citazioni cinematografiche e suggestioni oniriche

Esce il singolo “Pinocchio’s blues” di Antonio Grillo Trio con un videoclip tra citazioni cinematografiche e suggestioni oniriche

La cover del singolo
Ph. Paolo Galletta

Il brano del gruppo calabrese ospita anche la tromba del top player salernitano Giovanni Amato.

Esce per Jazzy Records “Pinocchio’s blues”, singolo della formazione di musicisti calabresi capitanata dal chitarrista Antonio Rocco Grillo, con Tommaso Pugliese al contrabbasso, Francesco Scopelliti alla batteria e la partecipazione straordinaria di uno dei più importanti trombettisti del Jazz italiano: Giovanni Amato.  La composizione di Grillo anticipa il rilascio dell’album “DOVE”  ed è accompagnato da un videoclip che ironizza sul rapporto dell’uomo tra sogno, realtà, verità e menzogna. “Pinocchio’s blues” è un tema pervaso da un senso di giocosa ironia concepito quasi come gli scatti di un burattino. La tromba di Giovanni Amato, squillante e ritmata all’unisono con gli altri strumenti, si distende poi in un solo potente, apripista all’ingresso del leader e allo svolgersi circolare della musica, verso il ritorno al riff iniziale.

Il videoclip è stato girato nei boschi dei Monti Peloritani che cingono la città di Messina. Tra alberi, formicai brulicanti, minacciosi voli di uccelli scuri e grottesche figure che sarebbero a proprio agio in un Horror B-Movie, i tre musicisti vagano apparentemente senza meta con fare stralunato… è la realtà o Morfeo ha teso loro un tranello catapultandoli nell’incubo di qualcun altro? 

Ma al di là del gioco cinematografico e dei possibili infiniti significati legati alla favola del burattino di legno,  dei suoi sogni e delle sue vicende che lo trasformeranno da ramo di albero in uomo, il tema cardine della musica di Antonio Rocco Grillo e del suo trio è l’attaccamento alle radici. “Nulla si può fare senza tenere conto di ciò che è stato, anche e soprattutto nella musica Jazz”, racconta il chitarrista, “Ecco perché abbiamo sposato l’idea della Jazzy e del fotografo Paolo Galletta di realizzare le riprese foto e video in un bosco. Gli alberi e le loro radici ci rappresentano simbolicamente; nella vita, ma anche nella musica noi sentiamo un legame indissolubile con il passato che non dovrebbe essere mai perso”.

Tommaso Pugliese, Antonio Rocco Grillo, Francesco Scopelliti.
Ph. Paolo Galletta

©2023 Jazzy Records

Pinocchio’s blues

Antonio Rocco Grillo: chitarra

Giovanni Amato: tromba

Tommaso Pugliese: contrabbasso

Francesco Scopelliti: batteria

È possibile ascoltare Pinocchio’s blues in streaming su tutte le piattaforme digitali, in attesa che con i primi giorni d’autunno veda la luce anche l’album DOVE.

“Where do I start?” La cantante Jazz Giovanna Magro al suo esordio con una storia tutta siciliana

“Where do I start?” La cantante Jazz Giovanna Magro al suo esordio con una storia tutta siciliana

Giovanna Magro
Ph. Paolo Galletta

È uscito “Where Do I Start?”, il singolo dell’artista siciliana Giovanna Magro, tratto in anteprima dal nuovo album “Composit” featuring Giovanni Mazzarino. Il brano è ispirato alle storie delle donne siciliane protagoniste dell’emigrazione verso le Americhe, scommessa verso un domani migliore, fenomeno che portò anche alla nascita del Jazz.

“Where Do I Start” è il nuovo singolo della cantante siciliana Giovanna Magro. Il brano racconta in prima persona la storia di una giovane donna che si interroga sulla propria vita, che sogna di andare oltre l’orizzonte del consueto e del noto, come tante altre donne prima di lei, per cercare un’avvenire migliore.  Questa terra – la Sicilia – non fa per lei.

Spiega l’artista a proposito del brano e del testo da lei stessa composto: L’idea nasce da una composizione del Maestro Mazzarino, Shades (inserita nell’album Composit di prossima uscita), che mi ha ispirato la storia di una giovane donna che lascia tutto, la sua terra e i suoi cari, per cercare un avvenire migliore in America.  Ho vissuto parecchi mesi in Spagna e anche io, come la protagonista del disco, ho accarezzato svariate volte l’idea di lasciare tutto e iniziare una nuova vita lì”.  Magro si riferisce naturalmente al fenomeno della grande emigrazione verso gli Stati Uniti. Siamo agli albori del ‘900, la fame alimenta comunque la speranza e la vitalità di una gioventù che cambierà il mondo, anche facendo nascere il Jazz. Le navi in partenza d Palermo fra cui la Mongibello infatti, approdavano a New Orleans, città che accolse e mise in contatto tante genti provenienti da terre lontane, con lingue e culture diverse. La musica diventò presto uno strumento di comunicazione e integrazione importante che portò di fatto alla creazione  di una new thing, il Jazz. Come musicista figlia di una terra che ha fortemente contribuito alla nascita di questo movimento culturale, Giovanna Magro sceglie dunque di raccontare questa storia, accompagnata da una formazione che rappresenta l’eccellenza del Jazz siciliano contemporaneo: quello dei “senior” e quello delle nuove leve: il pianista e compositore Giovanni Mazzarino (suo maestro e mentore, anche arrangiatore dell’album) e l’eccellente sezione ritmica costituita da Alberto Fidone al contrabbasso e Peppe Tringali alla batteria, più il giovane e talentuoso chitarrista Carlo Alberto Proto. La voce melodiosa e cristallina di Giovanna Magro si fa spazio fra le note entrando nel racconto con delicatezza e allo stesso tempo con forza, evocando sentimenti e sensazioni lontani nel tempo ma che appartengono all’uomo ieri come oggi, epoca che vede la Sicilia non più terra di partenza, ma destinazione di tante persone che con speranza affrontano l’incognita di viaggi difficilissimi. Ricercate, eleganti e dall’appeal contemporaneo le armonie e i suoni del brano, che si sviluppa in un crescendo d’intensità che va poi a placarsi nei soli riflessivi di chitarra elettrica e pianoforte verso il climax finale della voce di Giovanna, un grido di libertà che squarcia l’orizzonte di tutte le storie delle donne che sognano, e da oggi anche il suo con questo prezioso singolo.

Carlo Alberto Proto, Giovanna Magro, Valentina Gramazio (Jazzy Records),
Giuseppe Tringali, Alberto Fidone, Giovanni Mazzarino.
Ph. Paolo Galletta

Giovanna Magro – Curriculum Artistico

Cantante, autrice, didatta, Giovanna Magro ha frequentato il Conservatorio “A. Corelli” di Messina, dove si è laureata e specializzata con lode in “Canto Jazz”.

Viene scelta per prendere parte alle formazioni “Corelli Jazz Band”, “Corelli Jazz Quartet”, “Quintetto Jazz Corelli”, con le quali, in rappresentanza del Conservatorio, si esibisce nelle rassegne musicali e nei festival “Riflessuoni” (Messina), “Borgo in Musica” (San Marco d’Alunzio, Messina), “Lune…di Jazz” (Marina del Nettuno, Messina), “102esima Stagione Concertistica Filarmonica Laudamo” (Palacultura Antonello, Messina).

Nell’estate del 2013 ha intrapreso un percorso artistico con la Star Production, diretta dal Maestro Franco Morgia (ex voce dei Beans). Questo progetto l’ha portata ad esibirsi con un brano Inedito scritto da Carmelo Morgia a Sanremo Doc, un concorso canoro con sede al Palafiori di Sanremo durante il 64° Festival della canzone italiana. In questa occasione ha avuto modo di conoscere svariati produttori discografici e i big della canzone italiana. E’ stata una grande soddisfazione per lei conseguire il premio “migliore tecnica vocale”

Dal 2017 collabora con il chitarrista Carlo Alberto Proto. Insieme hanno portato i loro progetti musicali su palcoscenici di caratura internazionale, quali: “Etna Jazz Club” (Biancavilla, Italia), “Teatro Antico” (Taormina, Italia), “Real Teatro Santa Cecilia”, Sicilia Jazz Festival (Palermo, Italia), Fundación ClasiJazz (Almería, Spagna), “Clarence Jazz Club” (Torremolinos, Spagna), “Gallo Rojo”(Siviglia, Spagna).

Dal 2021 frequenta la scena jazzistica spagnola, collaborando con musicisti quali Enrique Oliver, Julián Sánchez, Bori Albero, Víctor Jímenez Gómez, Miguel Moses, Javier Galiana, Javier Ortí. Si unisce all’ orchestra “Clasijazz BigBand Pro” in occasione dei concerti: Clasijazz BigBand Pro XIII – «Ramón Cardo Arrangements»; ClasiJazz Big Band Pro XVIII – «La música de Daahoud Salim»; ClasiJazz Big Band Pro XIX – «Mike Fletcher Music».

Si esibisce presso la “Fundación ClasiJazz” (Almería, Spagna) in qualità di leader, con il suo progetto “Seventies” interamente dedicato ad arrangiamenti personali di brani di Silver, Hancock, Swallow, Wheeler.

Si classifica al 1° posto come “Miglior Solista Vocale” al “Festival Internazionale di Jazz Johnny Raducanu” tenutosi a Braila (Romania), il 31.10.21.

Si classifica al 2° posto al “Concorso Nazionale Chicco Bettinardi”, tenutosi al Milestone Live Club di Piacenza (Italia), il 22.02.22.

Ha firmato un contratto con l’etichetta discografica indipendente “Jazzy Records”, per la quale ha registrato il suo primo disco da leader: “Composit – Giovanna Magro feat Giovanni Mazzarino”, in uscita in autunno 2023.

©2023 Jazzy Records

Where Do I Start?

Giovanna Magro: voce, testi

Giovanni Mazzarino: pianoforte, composizione, arrangiamento

Carlo Alberto Proto: chitarra elettrica

Alberto Fidone: contrabbasso

Peppe Tringali: batteria

Il brano è disponibile su tutte le piattaforme di streaming musicale dal 10 agosto. Distribuzione Believe Digital.

Rossella D’Andrea e Francesco Pisano: la voglia, il piacere e la spensieratezza di fare musica insieme

Rossella D’Andrea e Francesco Pisano: la voglia, il piacere e la spensieratezza di fare musica insieme

È uscito “It Had To Be You”, album d’esordio dei musicisti siciliani Rossella D’Andrea e Francesco Pisano: Jazz che piace a chi ama i grandi classici interpretati con classe e ironia.

È uscito il 5 Agosto scorso per Jazzy Records l’album “It Had To Be You”, frutto della lunga collaborazione tra la cantante Rossella D’Andrea e il pianista Francesco Pisano, entrambi originari di Messina. Con undici brani selezionati tra i più amati del loro repertorio, tratti dalle pagine del Great American Songbook, Rossella e Francesco ci regalano interpretazioni affascinanti e coinvolgenti, immergendoci in un clima rilassato e gioioso. L’album è stato registrato e mixato nello studio Casamusica  dello stesso Pisano che, insieme a Rossella, ha curato  personalmente l’intera produzione. Tra i brani  scelti troviamo “Days of Wine and Roses”, “I Fall in Love Too Easily”, “Cherokee” e molti altri, che vengono rivisitati con grande maestria e sensibilità dalla D’Andrea, vocalist dalla voce avvolgente che riesce a catturare l’essenza di ogni brano. Francesco Pisano al pianoforte aggiunge il suo tocco elegante e raffinato, creando un connubio musicale particolarmente equilibrato. Oltre ai due leader, l’album ospita in alcune tracce il sassofonista Rino Cirinnà e il contrabbassista Nello Toscano, musicisti di vaglia nel panorama del Jazz siciliano. Un momento particolare è rappresentato dal brano “Sail Away” di Tom Harrell, per il quale Rossella D’Andrea ha scritto un testo originale.  “It Had To Be You” è un album che cattura l’essenza della musica Jazz, trasmettendo calore, passione e divertimento.

Abbiamo incontrato Rossella e Francesco, che ci hanno svelato il dietro le quinte di questo lavoro e raccontato alcuni momenti del loro percorso artistico.

Rossella D’Andrea e Francesco Pisano in studio, durante la registrazione dell’album.
Ph. Paolo Galletta

Rossella e Francesco, raccontateci un po’ di voi, del vostro percorso artistico personale e della vostra collaborazione sfociata oggi in questo lavoro.

Rossella

Fin da bambina ho iniziato gli studi classici, arrivando fino all’ottavo anno di pianoforte. C’e’ stata quindi una pausa, durante la quale mi sono laureata in Ingegneria Elettronica intraprendendo questa strada lavorativa, mantenendo però sempre viva la mia passione per la musica in generale e avvicinandomi al jazz. Anche Francesco ha iniziato gli studi classici da bambino, diplomandosi in Pianoforte classico. Successivamente ha effettuato un cambio di direzione musicale esprimendosi in ambienti pop e jazz.

Ci siamo conosciuti durante un concerto e da lì abbiamo scoperto una certa affinità di gusti musicali che ha facilitato la nostra collaborazione. Quando lavoriamo, ascoltiamo e studiamo nuovi brani sperimentando nostri arrangiamenti: alcune volte un arrangiamento nasce dal mio modo di concepire il brano (variazioni della melodia del tema o il modo in cui lo sento ritmicamente) e a questo punto Francesco si getta a capofitto andando alla ricerca del miglior modo con cui accompagnarmi per valorizzare il brano… altre volte invece l’idea nasce da Francesco, con delle riarmonizzazioni particolari o con delle variazioni ritmiche che danno a me l’ispirazione ed una personale chiave di lettura del brano….

Come è nata l’idea del disco? Perché avete scelto It Had To be You come brano portante?

Rossella

Suoniamo insieme da una decina di anni e musicalmente c’è sempre stata una grande sintonia; da un po’ di tempo continuavo a proporre a Francesco di registrare qualcosa insieme; così, avendo avuto una buon riscontro (sia da parte del pubblico che degli addetti ai lavori) in occasione di alcuni concerti fatti insieme, abbiamo deciso di registrare alcune di quelle esecuzioni, da cui è partito questo progetto che ha coinvolto anche i due grandissimi musicisti Nello Toscano (al contrabbasso) e Rino Cirinnà (al sassofono).

Per quanto riguarda il titolo del disco, tempo fa abbiamo scoperto che questo brano è particolarmente caro ad entrambi: a me che l’ho ascoltato per la prima volta nel lontano 1989 all’interno del film ‘Harry ti presento Sally’… e a Francesco, che da bambino lo suonava con il padre… Insieme abbiamo cominciato a suonarlo, arrangiandolo nelle maniere più diverse… tant’è che nel disco lo abbiamo inserito due volte: una prima versione in trio (voce, sax e pianoforte) ed una seconda versione solo strumentale con Francesco al pianoforte: è anche questo il motivo per cui abbiamo dato questo titolo al disco.

Come avete scelto i brani da inserire nella playlist e in che modo avete lavorato alla definizione del progetto?

Francesco

Tutti i brani da noi scelti hanno come filo conduttore una bellezza melodica che ci ha affascinato: alcuni sono Standard, altri non necessariamente jazz, ma comunque noti; abbiamo pensato alla riproposizione di questi temi in maniera ‘spontanea’ e senza ‘sovrastrutture’ che tendono, a volte, a mettere in secondo piano il messaggio musicale (abbiamo anche deciso di non inserire la batteria nella nostra formazione: una scelta voluta ma certamente più complessa). Sono stati selezionati una trentina di brani con caratteristiche analoghe: in questo primo disco ne abbiamo inseriti 11, ma vogliamo dare seguito a questa nostro primo progetto, infatti è già in lavorazione un secondo disco le cui tematiche sono simili ma con uno sviluppo di arrangiamento molto differente.

Rossella D’Andrea e Francesco Pisano in studio, durante la registrazione dell’album.
Ph. Paolo Galletta

Francesco, il disco è stato registrato nel tuo studio e curato personalmente da te che sei anche un fonico di studio esperto. Sei contento del risultato sonoro ottenuto o è stato più difficile lavorare su un tuo progetto personale rispetto a quando ti occupi della musica degli altri?

Francesco

Dopo tanti anni passati a tentare di trovare la formula per il ‘giusto’ suono, teoricamente dovrebbe essere più semplice riprodurre le sonorità tanto desiderate. In realtà proporre un progetto personale ti fa sorgere sempre molte domande sull’effettiva riuscita della registrazione. Assieme a Rossella abbiamo trovato una soluzione gratificante per entrambi, ottenendo un sound personale e non troppo costruito, quasi una presa diretta: non ci siamo soffermati sulla perfezione del suono ma sull’ambientazione sonora e sull’omogeneità dell’insieme.

Rossella: la dimensione del duo sembra esserti particolarmente congeniale. Com’è stata questa esperienza dal punto di vista vocale e interpretativo?

A me piace molto interagire emotivamente con il pubblico che ho davanti, quindi in studio rischio di ‘concedermi’ un pò meno… pertanto ho cercato di immaginarmi sempre a cantare durante un concerto… questo mi dava la giusta ‘chiave di lettura’ nell’interpretazione.

Parlateci dell’interazione musicale nel vostro duo: è soltanto frutto di un’intesa naturale o ci lavorate in qualche modo “speciale”? Insomma, qual è la vostra “ricetta” artistica?

Francesco

Ci risulta abbastanza naturale lavorare insieme. Nel tempo abbiamo condiviso le nostre visioni musicali, pertanto diventa più facile trovare la soluzione di arrangiamento a noi più soddisfacente. Quello che facciamo, lo facciamo sempre divertendoci e volendo trasmettere agli altri la nostra gioia nel farlo… speriamo che sia questo il messaggio che arrivi: la voglia, il piacere e la spensieratezza di fare musica insieme.

Se doveste creare un piccolo spot, o anche solo scrivere una frase per promuovere il vostro lavoro e invitare il pubblico all’ascolto, che cosa direste?

Francesco

A nostro avviso, la caratteristica principale del nostro disco è la ‘semplicità di ascolto’: è fluido e scorrevole, quindi si rivolge ad un pubblico non necessariamente di ‘esperti in materia’ pur mantenendo gli stilemi di questo genere di musica.

It had to be you – Rossella D’Andrea, Francesco Pisano

Edizioni ©Jazzy Records
Rossella D’Andrea, voce
Francesco Pisano, pianoforte
Rini Cirinnà, sax tenore (tracce 2. 4, 10)
Nello Toscano, contrabbasso (tracce 6, 8, 10)
Giant Steps: a Milano la personale di Alessandro Curadi dedicata al Jazz

Giant Steps: a Milano la personale di Alessandro Curadi dedicata al Jazz

Comunicato stampa

 

MILANO – La galleria Maiocchi15 inaugura giovedì 27 ottobre, dalle ore 19 in via Maiocchi 15 a Milano, la mostra “Giant Steps”, esposizione personale delle opere di Alessandro Curadi. La serata sarà accompagnata da un’esibizione musicale jazz.

In mostra saranno esposte una quindicina di opere uniche dell’artista contemporaneo, dedicate al mondo del jazz e realizzate ad olio e acrilico su tela.

Alessandro Curadi presenta durante l’esposizione il suo lavoro in studio: sono ritratti a figura intera di famosi personaggi del Jazz che si stagliano su uno sfondo di colore uniforme, per mettere in risalto la figura o il singolo strumento.

Emoziona questa carrellata di musicisti che, presi singolarmente, vivono di vita propria, talvolta con le pulsazioni di una tromba, talvolta attraverso un sax o una chitarra. Diventano, anche per i non musicofili, immagini iconiche del sassofonista o del trombettista in sé, al di là che si tratti di John Coltrane o di Miles Davis e così questi protagonisti, questi strumenti, queste icone diventano quadri musicali che animano lo spazio “estetico” circostante.

Miles Davis, olio e colori acrilici su tela, 100×150 cm

Scrivania Cavandoli

Art Blakey, olio e colori acrilici su tela, 100×150 cm

Musica e pittura parlano lo stesso linguaggio, viaggiano nella stessa direzione, tanto che pare di poter ascoltare le tele stesse. Su questo binario di scambio simbiotico non c’è quasi differenza: le vibrazioni di un sassofono e quelle di un blu profondo, il tocco caldo di una chitarra e un giallo assolato, ma anche accostamenti emotivi più forti e inusuali, che rendono vibrante e vivo l’accordo di note e colore.

Alessandro Curadi ha unito la sua passione per la musica a quella per l’arte in unico percorso creativo: fin dal 2010 ritrae i musicisti durante i concerti. Dipinge in diretta, spesso in condizioni del tutto precarie di luce e spazio, in pose quasi acrobatiche per tenere in equilibrio fogli, colori, acqua e pennelli. I suoi acquarelli sono il risultato magico di un’unica performance, un doppio live.

Un vero e proprio reportage pittorico, unico nel suo genere, che ha portato Curadi a ritrarre i più noti musicisti del panorama jazz e rock internazionale, collaborando con importanti riviste e piattaforme di settore.

Il vernissage di apertura sarà accompagnato da un’esibizione musicale jazz: il visitatore potrà godersi, quindi, un’esperienza artistica completa: note musicali e pennellate di colore dialogheranno davanti ai nostri occhi, le tele prenderanno vita, la musica avvolgerà e colorerà il momento di un tono jazz irresistibile.

Il duo sax, Francesco Mazzali e Luca Magnani, propone un repertorio che spazia dagli standard a sonorità sudamericane a contaminazioni barocche, tutto in chiave improvvisativa

Alessandro Curadi

Se si domandasse ad Alessandro Curadi se sia stato attratto prima dalla musica o dalla pittura, lui stesso si stupirebbe nel constatare la simultaneità di queste due passioni o necessità, al punto che hanno assunto, nel suo percorso, un’unica strada per cui egli insegue e cattura volti a suon di musica o racconta la musica a suon di volti e ciò avviene anche nei ritratti che non riguardano musicisti, dove si percepisce un andamento musicale, una metrica o ritmica del colore e del gesto. Musica e pittura parlano lo stesso linguaggio, viaggiano nella stessa direzione, tanto che pare di poterli ascoltare questi quadri musicali.

Su questo binario di scambio simbiotico non c’è quasi differenza: le vibrazioni di un sassofono e quelle di un blu profondo, il tocco caldo di una chitarra e un giallo assolato, ma anche accostamenti emotivi più forti ed inusuali, che rendono vibrante e vivo questo accordo di note e colore.

Curadi racconta e dipinge con un minimalismo sapiente, in un gioco a levare, quasi a suggerire le linee, all’inseguimento ostinato di ciò che sfugge, che non si fa prendere, che si può solo afferrare con l’emozione.

Percorrere le vie di un volto e le sue strade interne, gli angoli nascosti, è come viaggiare dentro l’uomo, nelle pieghe del vissuto, nelle trame dell’anima.

Oltre al lavoro in studio Curadi ritrae i musicisti proprio mentre suonano: musica e pittura in un’unica performance, in un doppio live, con tutta la magia del creare senza rete, in diretta durante il concerto.

Impalpabili sensazioni sonore si traducono in macchie visive e corporee, l’astratta fisicità del suono si materializza, combinandosi con acqua, luce e colore in istantanee sempre nuove, sintesi di suono e visione. E attimo, irripetibile.

I ritratti dal vivo colpiscono per la loro felice ‘impressione’: pochi tocchi, pochi tratti e prende vita l’anima di un volto, la sua essenza. Il dettato intimo, interno, il musicista visto e sentito dal pittore È singolare il tentativo, l’ambizione e anche la follia di dare suono a un dipinto o di dare volto a un suono.

Di che colore è la musica? Che suono ha la pittura?

Non ci interessa la risposta, ci piace lasciare in sospeso la domanda e accoglierne la provocazione.

Buona visione e buon ascolto.

Giant Steps – Alessandro Curadi

Dove

Maiocchi15, Via Maiocchi 15, 20129 – Milano.
Tel: 02.23184910. Email: maiocchi15@gmail.com

Quando

Inaugurazione: Giovedì 27 ottobre 2022, dalle ore 19.00.
Apertura al pubblico: dal 27 ottobre al 10 novembre 2022 (dal lunedì al sabato: 9.30 – 13 e 14.30 – 19.30)

Ingresso Libero

Per info:

Maiocchi15
Tel. 02.23184910
Email: maiocchi15@gmail.com
Che cos’è il Jazz per me? Un modo incredibilmente vivo di immaginare il domani.

Che cos’è il Jazz per me? Un modo incredibilmente vivo di immaginare il domani.

Intervista al sassofonista Fabio Tiralongo, a margine dell’uscita di Raila (ed. Jazzy Records), suo primo album da leader.

Incontriamo Fabio Tiralongo, sassofonista e compositore Jazz di cui proprio in questi giorni l’etichetta Jazzy Records pubblica RAILA, suo primo album da leader. In questo lavoro è coadiuvato al pianoforte da Giovanni Mazzarino, uno dei suoi maestri e mentori,  e da un quintetto formato da alcuni fra i più talentuosi musicisti della nuova scena Jazz siciliana: Riccardo Grosso (contrabbasso), Alessandro Borgia (batteria), Andrea Iurianello (sax baritono) e Alessandro Presti (tromba). RAILA è l’antico nome di Avola, la città “esagonale” dove Tiralongo è nato e cresciuto muovendo i primi passi di musicista nella banda, una terra ricca di storia, bellezze e contrasti che ha ispirato le composizioni di questo lavoro. I sei brani originali più uno standard (It could happen to you) tracciano un territorio  in cui poliedricità ritmica e stilistica riflettono una musicalità fresca e ispirata, rispettosa di un’estetica che pone l’eleganza, il senso della frase e la costruzione del dialogo fra i suoi asset principali. Il CD  è particolarmente curato anche per quanto riguarda la veste grafica e la cartotecnica, che incorniciano gli splendidi ritratti del fotografo Paolo Galletta, artista a cui Jazzy Records affida da anni il racconto dei suoi progetti artistici più importanti.

Fabio Tiralongo in studio, durante la registrazione dell’album.
Ph. Paolo Galletta

Il tuo primo lavoro discografico da leader, dal titolo “RAILA” (Jazzy Records, 2022), è un tributo alla tua città d’origine, Avola. Ci racconti il perché di questa dedica e come hai sviluppato il concept musicale del disco?

Questo disco parla di un percorso di vita nato e sviluppatosi in musica. Ho voluto omaggiare la mia terra e le molteplici realtà che la compongono, che hanno contribuito alla mia formazione e a cui devo molto. Credo che ricordare e raccontare le proprie radici sia fondamentale per la costruzione di un percorso artistico solido. La mia terra, e le persone che qui ho incontrato, mi ha fornito e fornisce le basi che sostengono e rafforzano la mia identità umana e musicale. E per quanto le composizioni presenti in questo disco nascano dal bisogno di sublimare urgenze personali, in ciascuna di esse sono presenti riferimenti e tracce di luoghi e cammini. Ispirato tanto dai miti di sempre, come Coltrane, quanto dalla musica popolare, mediterranea e celtica, e dal vissuto, ho quindi composto sei tracce che raccontano un percorso di vita. La settima, invece, arrangiamento di “It could happen to you”, vuole essere uno stimolo alla contaminazione: questa improvvisazione libera, infatti, riconosce ciò che è stato e si ‘lancia’ verso il domani che verrà.

Parliamo delle tue composizioni: che cosa ti ispira, quali sono i tuoi riferimenti musicali e culturali in generale? In che modo lavori alla tua musica?

Le mie composizioni sono legate alla realtà. Parlano di ciò che vivo e conosco. Sono ‘scatti’ del quotidiano, personale o altrui, tradotti in musica. L’aver vissuto a contatto con la natura, ad esempio, mi ha permesso di scrivere Greenwood: le sensazioni provate hanno suscitato in me l’urgenza di tradurre in musica l’impressione del momento. Per cui, potrei tranquillamente annoverare l’impressionismo tra i miei riferimenti principali. Vorrei poi citare Coltrane, Gerry Mulligan e Chet Baker – che mi hanno fatto appassionare al Jazz, galeotto l’album “Pianoless Quartet”. Ma i generi che apprezzo e da cui traggo ispirazione sono vari, così come i bisogni sublimanti che mi conducono alla pagina bianca. Non potrò mai dimenticare l’apporto dato dalle operette ascoltate da bambino con mio nonno o l’aver suonato con la banda musicale del mio paese, una palestra insostituibile di apprendimento e ascolto.

L’album vede una formazione ampia che consente interessanti soluzioni a livello timbrico, espressivo e di arrangiamento. Oltre a un featuring importante come Giovanni Mazzarino al pianoforte, hai convocato giovani musicisti tutti siciliani. In che modo hai scelto i tuoi compagni di viaggio?

La visione comune. La visione comune di suono e la personale stima verso gli artisti che hanno collaborato al disco hanno portato alla formazione che ascolterete. Inoltre, provenendo da un ambiente orchestrale, per me è naturale circondarmi di persone che permettono una composizione ampia e articolata – fondamentale per comporre brani con molteplici colori. Credo che questo gruppo rappresenti il ‘meglio’ dal punto di vista umano e artistico.

Il feat di Giovanni Mazzarino, poi, è stato per me un immenso onore. E non solo per la sua grandezza musicale. Per me, Mazzarino rappresenta un simbolo forte del Jazz, siciliano e non: ha girato il mondo e, nonostante le infinite sollecitazioni, ha comunque scelto di dare ascolto alle proprie origini culturali e musicali.

Giovanni Mazzarino e Fabio Tiralongo in studio, durante la registrazione dell’album.
Ph. Paolo Galletta

Che cosa significa per te essere siciliano? In che modo influisce sul tuo modo di fare musica?

Credo che la sicilianità sia un modo d’essere e vivere e guardare il mondo. Per me significa coniugare i tempi e le culture tutte. Accogliere il vecchio e il nuovo con sguardo aperto e sincero. Lasciarsi influenzare, contaminare dalle esperienze altre e dai mondi altri. Credo che la sicilianità sia un dono e che maturi in noi e con noi.

Nella tua biografia scopriamo che hai partecipato a 13 album come sideman e hai all’attivo importanti collaborazioni: Andy Sheppard, Giovanni Mazzarino, Javier Girotto, Paolo Silvestri, Mario Biondi, Fabrizio Bosso, Billy Cobham, Paolo Fresu, Daniela Spalletta, Rita Botto, Mannarino, Roy Paci. Raccontaci qualcosa di queste esperienze.

È così. Ho avuto la fortuna di poter collaborare con tanti grandi artisti, e alcune collaborazioni sono avvenute grazie all’Orchestra Nazionale Jazz Italiana. Queste esperienze sono state degli incredibili viaggi tra i generi che hanno contribuito enormemente alla mia formazione. E ogni artista con cui ho lavorato mi ha lasciato un’impronta di sé, una traccia umana e professionale importantissima – per cui non smetterò mai di essere grato.

A dispetto della tua giovane età, hai già sviluppato una solida esperienza anche come didatta. Che cosa pensi dei bambini e dei ragazzi che si affacciano allo studio e della musica oggi? Noti delle differenze rispetto alla tua generazione in termini di approccio allo studio, di aspettative?

Da qualche anno ho l’occasione di insegnare a bambini e ragazzi di varie realtà siciliane. Ne sento fortemente la responsabilità e credo sia un’attività necessaria, in particolare per i tempi in cui viviamo. Sempre meno ragazzi, per varie ragioni, studiano o possono studiare musica per cui è importante cogliere le occasioni esistenti per stimolare l’interesse, la curiosità dei più giovani e aiutarli a trovare il loro suono. Ci vorrebbe più musica per le strade, più generi di “nicchia” per i quartieri. Credo fermamente che se il quotidiano fosse inondato di musica, se le persone avessero la possibilità di avere nelle loro vite strumenti musicali e arte, il peso della musica nelle loro esistenze e nel nostro Paese cambierebbe radicalmente – e ne potremmo beneficiare tutti.

Il tuo disco esce con un’etichetta particolare, la Jazzy Records, nota per pubblicare solo alcuni progetti affini a un “certo” modo di intendere la musica e l’arte. Com’è nata questa scelta?

Creatività, emozione, dedizione ed entusiasmo sono parole chiave che abbiamo in comune. Il Jazz non è semplicemente un genere musicale, è un modo di vivere, di intendere il mondo. Per questo sono molto felice che il mio disco sia tra le nuove proposte della Jazzy Records, che ho sempre ammirato e stimato. L’etichetta vive il Jazz ricordando le proprie origini ed è quel che cerco di fare anche io. Non poteva esserci scelta diversa o migliore.

Che cosa significa per te la parola Jazz, oggi?

Significa più cose. Cura e conoscenza, ad esempio, e avere gli strumenti per esprimersi al meglio. Ma credo anche che il Jazz sia condivisione, contaminazione, qualcosa cui tendere, che rumorosamente crea armonia e unione – di corpi, sentimento, tradizione e aspirazioni. Un modo di esistere, essere, vedere e vedersi. Un modo incredibilmente vivo di immaginare il domani.

RAILA – Fabio Tiralongo feat Giovanni Mazzarino

Edizioni ©Jazzy Records

La copertina dell’album.
Ph. Paolo Galletta

Fabio Tiralongo, sax tenore e soprano, composizioni
Giovanni Mazzarino, pianoforte
Riccardo Grosso, contrabbasso
Alessandro Borgia, batteria
Andrea Iurianello, sax baritono
Alessandro Presti, tromba
MITO SETTEMBREMUSICA 2021: “FUTURI”

MITO SETTEMBREMUSICA 2021: “FUTURI”

Diversità e continuità in un programma ambizioso: tra gli ospiti, i pianisti Ivo Pogorelich, Brad Mehldau, Gabriela Montero, Michail Lifits; il violinista Sergej Krylov; il tenore Ian Bostridge; la fisarmonicista Ksenija Sidorova 7 prime esecuzioni assolute, tra cui una commissione del Festival 12 prime italiane e più di 60 compositori viventi coinvolti Nel giorno dei cori, tredici concerti a ingresso gratuito Continua la collaborazione con Rai Radio3, che trasmette molti concerti in diretta o differita, e Rai Cultura, che realizza un documentario sul festival Milano – Torino, dall’8 al 26 settembre

Brad Meldhau – Ph. ©David Bazemore

Comunicato stampa/
Si intitola “Futuri” ed è dedicata a Fiorenzo Alfieri, Assessore alla Cultura di Torino recentemente scomparso, la quindicesima edizione del Festival MITO SettembreMusica, che si svolgerà a Milano e a Torino dall’8 al 26 settembre 2021, con 126 concerti nelle due città. Un hashtag eloquente, #soloamito, per identificare un cartellone articolato e vario ma al tempo stesso compatto e coerente, che fonde e mette in comunicazione fra loro proposte diverse per ascoltatori diversi, nomi illustri e realtà spontanee, capolavori consacrati e proposte inedite, per i grandi e per i piccoli, per il pubblico più preparato e per quello meno abituato alla musica. Tutti programmi ideati apposta ed esclusivamente per un festival unico, declinando il tema che li riunisce in uno sforzo creativo eccezionale, realizzato grazie alla stretta collaborazione con gli artisti coinvolti, pur nel costante rispetto dei protocolli sanitari. Anche quest’anno non mancano le introduzioni ai concerti, curate da Stefano Catucci, Enrico Correggia, Luigi Marzola, Carlo Pavese e Gaia Varon.
«La pandemia ci ha costretti a concentrarci sul presente – dice il Direttore artistico Nicola Campogrande – perché per mesi il nostro futuro è stato ipotecato, interrotto. Ma la musica classica attraversa il tempo e, per sua natura, riunisce l’eredità del passato e il respiro del presente, consegnandoli al futuro. Ecco quindi i “Futuri” di MITO SettembreMusica: sono quelli con i quali i compositori hanno sempre avuto a che fare, scrivendo musica perfetta per la loro epoca, che poi passava in eredità ai posteri, oppure componendo per orecchie che ancora non esistevano. Sempre, in ogni caso, sfidando il tempo».

Appuntamenti in orari diversi e a prezzi contenuti

Nell’arco dell’intera giornata, da quelli serali in sedi prestigiose come il Teatro dal Verme, l’Auditorium Rai “Arturo Toscanini”, l’Auditorium “Giovanni Agnelli” del Lingotto, a quelli diurni, per arrivare a estendersi nei luoghi decentrati delle due città. «Mi piace sottolineare la dimensione sociale che da sempre caratterizza il festival – dice la Presidente Anna Gastel – dall’attenzione verso i più piccoli, i nostri spettatori di domani, con spettacoli a loro dedicati nei fine settimana, all’accessibilità del prezzo dei biglietti, veramente per tutti, fino alla scelta di decentrare in teatri di quartiere molti concerti con interpreti di prima grandezza, così da pervadere tutta la città con la consueta “festa della musica”». Prezzi quindi ancora una volta molto contenuti: quelli per i concerti serali vanno dai 10 ai 35 euro (ma chi è nato dal 2007 in poi paga solo 5 euro), quelli per i concerti pomeridiani e per i bambini 5 euro, quelli per i concerti diffusi nel territorio metropolitano sono proposti a 3 euro, non mancano poi i concerti gratuiti.

Simmetrie anche nella distribuzione degli eventi nelle due città

La serata d’apertura è in programma al Teatro Dal Verme di Milano mercoledì 8 settembre alle 21, e all’Auditorium Rai “Arturo Toscanini” di Torino giovedì 9 settembre. Protagonisti l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e il suo Direttore emerito Fabio Luisi, con il pianista svizzero Francesco Piemontesi in veste di solista. In programma la prima esecuzione italiana di subito con forza della compositrice coreana Unsuk Chin, il Concerto n. 25 in do maggiore KV 503 di Mozart e la Sinfonia n. 8 di Beethoven. E se l’inaugurazione, a Milano, è affidata a una grande orchestra basata a Torino, la chiusura è in programma a Torino con una grande orchestra milanese: domenica 26 settembre alle 21, all’Auditorium del Lingotto, suona la Filarmonica della Scala guidata dal suo Direttore principale Riccardo Chailly. In programma due altissime pagine romantiche: la Sinfonia “Italiana” di Mendelssohn e la Sinfonia n. 4 in re minore di Schumann. Ma lo scambio tra le realtà musicali cittadine non finisce qui, perché a Milano l’ultimo concerto serale, venerdì 24 settembre al Teatro Dal Verme, vede protagonista l’Orchestra del Teatro Regio di Torino diretta da Pablo Heras-Casado. In programma la prima esecuzione italiana di Icarus di Lera Auerbach e la Prima sinfonia di Brahms. Fabio Luisi, Riccardo Chailly e Pablo Heras-Casado sono solo alcuni dei grandi nomi presenti in cartellone: a loro si affiancano un tenore unico per sensibilità e cultura come l’inglese Ian Bostridge, in un duo imprevedibile con il pianista jazz Brad Mehldau che ha composto per lui una raccolta di Lieder sul tema del desiderio, della passione e dell’amore (9 settembre a Milano e 10 settembre a Torino); la leggenda del pianoforte Ivo Pogorelich (14 settembre a Milano e 15 settembre a Torino); un altro duo insolito è quello che vede la fisarmonicista Ksenija Sidorova tornare a MITO con la giovane violoncellista Camille Thomas (13 settembre a Milano e 14 settembre a Torino); un’altra violoncellista giovane ma già celebre in campo internazionale, Miriam Prandi, in duo con Alexander Romanovsky, vincitore del concorso “Busoni” che lo lanciò sulla ribalta internazionale vent’anni fa (16 settembre a Milano e 17 settembre a Torino); la pianista Gabriela Montero, impegnata con le sue fantasmagoriche improvvisazioni su temi proposti dal pubblico (12 settembre a Milano e 13 settembre a Torino); il violinista Sergej Krylov, insieme al pianista Michail Lifits (22 settembre a Milano e 23 settembre a Torino). Tra i complessi ospiti, la Tallinn Chamber Orchestra e l’Estonian Philharmonic Chamber Choir, diretti da Tõnu Kaljuste, per una sera che racchiude atmosfere baltiche e suggestioni italiane, grazie alla prima esecuzione nel nostro Paese di Sei la luce e il mattino di Tõnu Kõrvits, su testi di Cesare Pavese (18 settembre a Torino e 19 settembre a Milano). Molti artisti famosi, ma anche tanti giovani musicisti che si stanno guadagnando l’attenzione del pubblico, e talenti da scoprire: l’Albion Quartet dall’Inghilterra, il Notos Quartett dalla Germania, il Meta4 Quartet dalla Finlandia, il Collegium 1704 dalla Repubblica Ceca, i pianisti Filippo Gorini dall’Italia, e dall’Ucraina Dmytro Choni.

Indagine nella contemporaneità

La prima italiana di Unsuk Chin, sulla quale si alza il sipario del Festival, non è certo un caso isolato: MITO prosegue la sua tradizionale indagine nella contemporaneità offrendo sette prime esecuzioni assolute, di cui una su commissione dello stesso Festival, dodici prime italiane e più di sessanta opere di compositori viventi. Di particolare rilievo la commissione di MITO a David Del Puerto, che ha realizzato una nuova orchestrazione degli ultimi numeri del Requiem lasciato incompiuto da Mozart. Il cinquantasettenne compositore spagnolo ha utilizzato gli strumenti dell’orchestra barocca, aggiungendovi arpa, fisarmonica, chitarra e basso elettrico. Il concerto è in programma il 22 settembre a Torino nella Chiesa di San Filippo Neri, e il 23 settembre a Milano al Teatro Dal Verme, con l’orchestra e l’ensemble vocale “laBarocca” diretti da Ruben Jais. Alle istituzioni ufficiali si alternano le iniziative spontanee e più popolari. Torna il giorno dei cori che accoglie formazioni delle due città, con ben tredici concerti a ingresso gratuito in programma sabato 11 a Milano e domenica 12 settembre a Torino. Culmine della giornata la partecipazione del Coro Giovanile Italiano diretto da Petra Grassi. E una novità fortemente simbolica è la fusione fra due orchestre di fiati: il 18 settembre a Torino e il 19 settembre a Milano si riuniscono elementi di due diverse bande, l’Antica Musica del Corpo dei Pompieri di Torino e la Civica Orchestra di fiati di Milano, per un appuntamento che vede in programma anche l’esecuzione della versione originale della Rhapsody in blue di Gershwin per pianoforte e orchestra di fiati. Tornano anche i concerti per i più piccoli, che nei fine settimana propongono occasioni per scoprire modi poco consueti di fare musica e teatro musicale. In prima italiana andranno in scena Solletico, l’11 a Torino e il 12 a Milano, proposto dall’Oorkan Amsterdam; Futurottole, il 18 a Torino e il 19 a Milano, con i Piccoli cantori di Torino e l’ensemble Brù; Shhht, il 18 a Milano e il 19 a Torino, con il lussemburghese Quatuor beat; e Pachua, il 25 a Milano e il 26 a Torino, con l’Orchestra i Piccoli Pomeriggi Musicali ed Elio come voce recitante. A Torino è in preparazione la rassegna parallela MITO per la città, momenti musicali dal vivo in luoghi non canonici e rivolti in particolare a chi non può raggiungere le sedi di concerto, preziosi in particolar modo dopo il periodo della pandemia.

Riccardo Chailly – Ph. ©Silvia Lelli

MITO SettembreMusica (Milano – Torino, dall’8 al 26 settembre), che gode del contributo del Ministero per i beni e le attività culturali, è realizzato da Fondazione per la Cultura Torino e I Pomeriggi Musicali di Milano, grazie all’impegno economico delle due Città, all’indispensabile partnership con Intesa Sanpaolo – attuata sin dalla prima edizione –, al sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo e degli sponsor Iren, Pirelli, Fondazione Fiera Milano e al contributo di Fondazione CRT. «Con grande piacere confermiamo il nostro sostegno a questa importante iniziativa, con la quale condividiamo l’obiettivo di rendere la musica un patrimonio universale, accessibile a tutti e in particolare ai giovani, che coinvolge le città di Milano e Torino. MITO SettembreMusica è in piena sintonia con il tradizionale impegno di Intesa Sanpaolo a sostegno dell’arte, della musica e della cultura, leve fondamentali per attivare nuovi processi di sviluppo civile, sociale ed economico, soprattutto in questo periodo in cui l’obiettivo è quello di voltare pagina per intraprendere la direzione della ripartenza», ha commentato Fabrizio Paschina, Executive Director Comunicazione e Immagine Intesa Sanpaolo, in occasione della conferenza stampa MITO SettembreMusica di cui la Banca è Partner anche per l’edizione 2021, presentata oggi. La Rai si conferma Media Partner del festival con Rai Cultura, Rai5 e Rai Radio3. È rinnovata la strategica Media Partnership con il quotidiano La Stampa e con la Radiotelevisione svizzera – Rete Due.

Foto in evidenza: Filarmonica della Scala – Riccardo Chailly – Ph. @Giorgio Gori