30 Giugno 2021

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Marialisa Leone

State vicini a una foglia. L’arte, la terra

L’Ortocanestro

Compie quattro anni questo intervento artistico che prende spunto da un desiderio insistente e felice di Tonino Guerra.

Una specie di matrioska, già simbolo di fertilità della terra, nata con un’idea di Orto per anziani e diventata poi un Parco Museo della scultura all’aperto e un Giardino Botanico.

Il contenitore contenuto è il bel parco della Casa di Riposo RSA in via Zurla a Crema.

Tonino Guerra mi ripeteva: “c’è una cosa che non dobbiamo dimenticare, una cosa urgente. Fare l’orto nelle case di riposo. Ai vecchi bisogna dare qualcosa di vivo da vedere, da curare anche solo con gli occhi ogni giorno. Non quei giardini già fatti, di gusto inglese, lì non c’è niente da aspettare, qualche fiore, ma è roba d’altri. L’orto è un quadratino di terra possibile, le foglie di insalata crescono e si possono mangiare. Una melanzana viene a tavola, come un ravanello. Fate l’orto con gli anziani. Non aspettate, la vita si spegne in fretta e il vecchio ha bisogno di piccole cose vive per addormentarsi con un’immagine dolce, per tenere davanti agli occhi qualcosa che anche domani lentamente cresce. Stare vicino a una foglia può fare compagnia più della TV”.

Ho pensato a lungo a come poteva essere un orto per persone con difficoltà motorie, magari sospinte nel parco in carrozzella. Una cosa certamente da evitare la distanza dalla terra e tutto ciò che fosse spigoloso. Una condizione che sentivo fondamentale era creare una specie di immersione della persona nei profumi e nei colori e nelle consistenze del mondo vegetale. Fare in modo che potesse toccare le foglie, i frutti e sentirne gli umori e i profumi. Mettere ancora le mani nella terra.

Ho portato la terra, alzandola, a 90 centimetri, disegnando semplicemente un  doppio ferro di cavallo in cui piantare e far crescere gli ortaggi, i fiori, le aromatiche.

Un grande canestro di quattro metri di diametro in cui chi entra, anche in carrozzella, può avere la terra all’altezza del busto. Può fare ogni operazione con la massima facilità, come su un normale piano di lavoro.

La realizzazione è stata laboriosa perché ho voluto usare i principi dell’intreccio adottando come essenza possibilmente forte e durevole il bambù. Ciò ha voluto dire predisporre all’intreccio delle strisce di vegetale che fossero flessibili, ricavandole da grosse canne fresche  con un procedimento manuale veramente impegnativo e fortunatamente sostenuto da giovani braccia della locale scuola agraria. Ma il risultato fu ottimo. Una tessitura compatta, esteticamente bella e forte per contenere la spinta e il peso della terra. 

Ortocanestro è una scultura funzionale. Un grande ventre. Il ventre di madre terra. Un impianto a lasagna che sfrutta materiale vegetale del giardino, strati di legname, sfalcio e terriccio, alternati.

In questi quattro anni, in collaborazione con le animatrici, l’orto ha permesso di condurre esperienze di tipo sensoriale che hanno coinvolto gli anziani in attività concrete, stimolando anche il pensiero a ripercorrere nella memoria periodi di adolescenza e gioventù in cascina.

Stando a lavorare nel parco mi capitò spesso di osservare gli ospiti nelle loro passeggiate in solitudine o accompagnati. Quasi sempre lo sguardo a terra, in una specie di raccoglimento isolato e interiore. Una condizione che  sentivo avrei potuto rendere meno assillante con l’aiuto dell’arte. Serviva una visione che aprisse una breccia emotiva, che spostasse gli orizzonti piatti della tristezza verso piccole  improvvise sorprese, come paesaggi inattesi che ti arrivano addosso e allora qualcosa  nel torpore può succedere, gli occhi si alzano verso una nuova dimensione, rispondendo a un richiamo.

Il Giardino della scultura sospesa

Il parco diventava nella mia immaginazione un luogo dove sospendere invenzioni, non solo facendole scendere dall’alto, ma pensandole come situazioni di sospensione del reale. 

E così tenendo ferma questa visione ho iniziato a coinvolgere artisti che potessero condividere la stessa ispirazione. Con la preziosa collaborazione di 20 artisti, che in modo totalmente volontario hanno donato lavoro e opere, il Giardino si è venuto via via arricchendo di interventi realizzati secondo il principio dell’accettare che il tempo e la natura  facciano dell’opera qualcosa di mutevole. Gli artisti attraverso le installazioni hanno instaurato un dialogo profondo con il luogo e le opere respirano silenziosamente in una convivenza che le porta sempre più vicine alle origini. I materiali di cui sono fatte vivono un quasi ritorno. Il ferro di tavoli, sedili, animali fantastici, una casa, tutto si sta colorando di patine ruggine e nei tramonti sono fiamme di arancio vivo e bruni di ossidi che raccontano il ritorno alla terra. Mentre i legni in forma di totem  che si calano dalle ombre dense, si fanno scavare dalle piogge e tingere dalle umidità. Altrove vetri sospesi e mossi dal vento, colpiti dalla luce gettano riflessi e movimenti di bagliori nell’aria. La scura magnolia ospita figurine in terra cotta, portatori di luce dondolano su piccole altalene. Un’anfora antropomorfa si fa notare nel centro del giardino per i racconti alla luna che regge in equilibrio sul capo, e per i suoi giochi spaziali. 

Tra due alberi è tesa una grande farfalla fatta di aria e metallo, quasi un ricamo, variopinta presenza simbolica e generatrice di energie propizie. In vicinanza  sta una piccola foresta di mare il cui verde turchese dei cinque alberi è opera della trascolorazione del rame. 

Appoggiandole alle antiche mura due artisti hanno costruito tre grandi stelle di bambù, talmente alte possono guardare oltre verso oriente, suggerendo allo sguardo un punto di evasione.

Nella zona dell’Ortocanestro una artista ha collocato un custode, albero uomo seduto a proteggere dagli spiriti maligni. E non lontano la stessa artista ha sospeso un giardino che ci regala la doppia visione di foglie e radici.

Recentemente abbiamo saputo che negli anni ’50, ’60, in quel parco sostavano ospiti gli animali dei circhi, proprio lì vi scorre una piccola roggia che li abbeverava. 

Due artisti hanno raccolto la suggestione e hanno realizzato una  leggerissima scultura di un cammello dal corpo di cruna. Attraversarlo porta fortuna. E ancor più vicina all’acqua di cui raccoglie i sussurri, galleggia una navicella del tempo,  una culla bianca e flessuosa. La sostiene una magnifica sequoia.

Nell’erba, abitate da erbaggi e fiori, figure umane in rete metallica, così delicate da essere percepite come ombre, vivono tra le fronde della bella famiglia di aceri.

Non lontano in un angolo di raccoglimento creato da tavolo e sedia con tante pagine di libri, un lettore invisibile, ma può essere anche uno scrittore, si è scelto questo punto di osservazione.

Sotto un piccolo portico, protetto nel suo candore, un destriero in gesso  dalla esuberanza plastica, anima di nuova energia le presenze più appartate e silenziose.

E una sedia appartenuta a una madre, ha lasciato la dimensione terrena per sostare, imbrigliata in una tessitura metallica, sul tronco di un grande platano.

Il Giardino dei Verzellini

Nei lunghi periodi di lavoro non poteva sfuggirmi, in questo cuore verde della città, il valore e la bellezza delle essenze arboree. E lo stupore per i canti gioiosi e armonici di piccoli uccelli come i verzellini. Durante le mie soste di attività nel parco, passando le stagioni, ho visto fiorire alberi meravigliosi, ho visto la nudità dell’inverno giocare con le scure macchie dei pini e tutti gli ori e i rossi dell’autunno. Più volte mi sono detta che poche  sono le persone che conoscono e godono della bellezza di questo luogo, e che un ulteriore motivo di incontro con gli ospiti della casa di riposo avrebbe potuto essere la creazione di un percorso botanico per la conoscenza delle piante e lo studio   da parte di appassionati e di gruppi scolastici.

Ho sensibilizzato un esperto studioso di botanica che con grande generosità ha elaborato per noi la classificazione delle quaranta specie arboree presenti nel parco, per un complessivo numero di 84 tra alberi e arbusti. Il percorso è completo. Ogni albero ha il proprio nome scientifico inciso su una targa di ferro. 

Ora non ci può sfuggire, l’ARTE e la TERRA sono fortemente intessute. E a tutti noi è dato di poter entrare in questa oasi piena di magia e di poter STARE VICINO A UNA FOGLIA.

Consulenza scientifica per il percorso botanico del Giardino dei verzellini  a cura di Valerio Ferrari

Foto: Roberto Rago – Valentina Gramazio

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